Aldo Ivernici

Aldo Invernici, nella memoria di tutti coloro che lo hanno conosciuto, è il “professore”.

Nei ricordi della scrivente è il nonno, l’ esempio. Non sono i numerosi traguardi da lui raggiunti, sia come insegnante di educazione fisica che come uomo di rugby, a farne un modello, ma il serio e tenace impegno, la caparbietà e il carisma, che lo hanno condotto all’apice del mondo ovale. Come tecnico, fu più volte ct della nazionale, e come dirigente guidò la Federugby per due mandati all’inizio degli anni ’80.

Aldo Invernici al vertice ci è, però, arrivato partendo dal basso. Il rugby lo ha appreso sui libri e non sul campo, vincendo fin da subito la diffidenza che circonda chi intraprende la carriera tecnica di uno sport che non ha mai praticato. I manuali francesi e il continuo confronto con i maestri d’Oltralpe sono stati la sua vera scuola. Lo studio in cui passava quasi tutte le giornate tracimava, ed ancora tracima – perché, prima la moglie Dori, poi la figlia Fiorenza hanno custodito meticolosamente tutto di lui – di manuali, guide tecniche e volumi sulla preparazione oltre che sull’educazione fisica.

Il rugby francese lo frequentò anche di persona: nell’estate del 1956 trasferì momentaneamente la sua residenza all’ombra della Tour Eiffel per diplomarsi alla Sorbona della palla ovale, conseguendo la nomina di Educateur Agrée per la diffusione del rugby rilasciata dalla federazione transalpina. Negli anni successivi la sua residenza bresciana, sita in Viale Rebuffone 17, diventò una tappa fissa per i dirigenti e degli allenatori d’ Oltralpe che lui stesso chiamò per far crescere il rugby italiano. Robert Poulain e Pierre Villepreux erano ospiti fissi alla tavola della famiglia Invernici. Non a caso le poche occasioni in cui l’Italia si batté alla pari con la Francia, prima dell’avvento del professionismo e dell’era Sei Nazioni, portano la firma di Aldo Invernici. Solo sette anni dopo la prematura scomparsa del “professore”, gli azzurri conquistarono il primo successo con la Francia: a Grenoble il 22 marzo del ’97. Un match che la musa di Invernici, la moglie Dori, non volle perdere. Per l’occasione chiamò a raccolta la figlia ed i nipoti e con gli amici del Ciar, comitato del quale Invernici fu il presidente, affrontò la trasferta francese.

Aldo e Dori hanno condiviso la passione del rugby per tutta una vita.

La nipote Laura Almici